ORECCHINI SULLA FINESTRA

di e con Sacha Oliviero e Gabriella Foletto

Luci di Emanuele Cavalcanti

Regia Sacha Oliviero

Durata 70 minuti

DEMO - PLAY

ESIGENZE TECNICHE

misure palco min. 6 x 4 (L x P)

attacco elettrico min 15 KW 380V 32A 

dimmer DMX e consolle min 12 canali

dotazione luci minima 12 PC con bandiere

audio  Mixer + 2 casse amplificate

montaggio 4 h  smontaggio 2 h

INFO


Orecchini sulla finestra è molto più di un lavoro sulle figure femminili che  sono entrate nelle vite di Manzoni e Leopardi. Conflitti nella vita coniugale, violenza domestica, dipendenza nella relazione con l’analista, riscatto della figura femminile e destino di solitudine del genio sono i temi principali di questo lavoro che fa emergere anche le figure dei due letterati e delle donne che nel bene o nel male ne hanno ispirato la vita e la produzione poetica.

Alessandro, il letterato protagonista della vicenda omonimo del Manzoni ma che si fa chiamare Giacomo come Leopardi di cui è un grande estimatore, è uno scrittore in crisi di ispirazione; anzi più precisamente non è mai riuscito a pubblicare un libro. È rimasto una perenne promessa dell’editoria, tanto che per arrabattarsi scrive necrologi per le imprese di pompe funebri locali. Vive con la moglie Irene in un monolocale senza finestre dove consuma una quotidianità imbevuta di alcol e acidità verso il mondo esterno, astio che riversa anche nella relazione con Irene.

Alessandro è sospeso tra il suo sogno infantile di diventare un grande  letterato, la sensazione di avere dei numeri e una realtà fallimentare. Egli attribuisce le colpe del suo mancato ingresso nell’Olimpo degli scrittori – evidenziato scenicamente dalla presenza della sua libreria personale, miseramente vuota in confronto con le librerie piene dei testi classici – alla carenza di condizioni esterne che ne esaltino la sensibilità letteraria: l’assenza di una rigida figura materna che da bambino lo abbia fatto soffrire acuendone la sensibilità e l’impossibilità di trarre ispirazione dall’osservazione della realtà esterna perché confinato in un monolocale senza finestre. È evidente che egli ha come riferimento le esperienze di vita di Leopardi, cresciuto in un ambiente familiare ostile caratterizzato dalla presenza di una madre, Adelaide Antici, autoritaria e non incline ad alcun tipo di dimostrazione di affetto, e di una sorella, Paolina, che, vivendo la sua stessa situazione, era accomunata a Giacomo dalla stessa visione tragica della vita. Ma nel racconto di Alessandro entrano anche le figure di Teresa Fattorini e Maria Bernardinelli che ne avevano ispirato la figura di Silvia; Leopardi le osservava dalla finestra e l’osservazione concreta ne permise di traslarne attraverso il sogno le vicende personali per farne poesia universale sul tragico destino che tocca la condizione umana. Paolina Leopardi, Adelaide Antici, Teresa e Maria sono dunque le prime figure femminili dell’universo leopardiano che vengono evocate da Alessandro nel racconto allo psicologo al quale si rivolge, spinto da Irene, per provare a risolvere il loro conflitto coniugale.

Dal confronto con lo psicologo - impersonato in scena da un manichino in filo di ferro - emerge la figura di Irene che sembra essere da subito la moglie accondiscendente che sopporta e asseconda le anomalie nervose del marito, sacrificando la sua stessa dignità sull’altare dell’amore. Appare una donna insicura; non sente più la fiducia del marito ma lo giustifica contro ogni evidenza attribuendosi la colpa dei suoi turbamenti; soffre perché non dialogano più, vorrebbe un figlio ma ha acconsentito a non averne perché Alessandro pensa di non poterselo permettere. Desiderosa di aiutarlo a risollevarsi come scrittore, ingenuamente Irene si mette in testa di diventarne la sua musa. Vedendolo molto simile caratterialmente alla “sfinge” (per quanto attiene ai sentimenti) Alessandro Manzoni, Irene prova a comportarsi come Giulia Beccaria, madre del grande scrittore, che lo agevolò nella vita personale e artistica combattendone la pigrizia, introducendolo nel mondo dei grandi letterati dell’epoca, aiutandolo nella correzione delle bozze e guidandolo finanche nella scelta coniugale. Giulia aveva i capelli rossi e dunque Irene come primo tentativo per emularne la personalità indossa una parrucca rossa. Ma Irene è goffa e impacciata in un ruolo che non è il suo e finisce con il peggiorare la situazione accrescendo le anomalie nervose di Alessandro. Rimasta sola, Irene riversa le sue ansie, emozioni ma anche fiducie sull’analista. Assistiamo in scena alla trasformazione del manichino che diventa chiaramente un alter ego di Alessandro: indossa i suoi vestiti ma è strutturalmente vuoto, arido come Alessandro. Irene parla con lui come vorrebbe riuscire a fare con Alessandro e, mettendone a fuoco il carattere deciso, trova il coraggio per un secondo tentativo di cambiamento di personalità che finisce con l’essere ancora più devastante per Alessandro e per la coppia, ma soprattutto per lei che subisce anche fisicamente la sua reazione violenta. Sebbene tutto le consigli di lasciar perdere, Irene è mossa dall’amore e non vuole vedere quello che è chiaro a qualunque osservatore esterno, e cioè che la loro relazione è malata e che per proteggere se stessa l’unica soluzione possibile sia quella di lasciare Alessandro. Così, convinta di aver sbagliato soltanto nella scelta della musa e rassicurata dall’averne individuata una nuova, si ostina nella convinzione di doverlo in qualche modo ispirare e prova a comportarsi come Enrichetta Blondel (anche lei rossa di capelli), la moglie di Alessandro Manzoni che fu per il grande scrittore un’altra donna che lo ispirò e agevolo nella vita artistica e personale standogli sempre accanto in maniera silente, permissiva e accondiscendente. Ma se la presenza di una donna che provava a spronarlo lo innervosiva, Alessandro è ancora più irritato e asfissiato dall’avere accanto una donna che annulla la propria personalità nella sua e finisce con il rinfacciarle di essere lei la causa del suo fallimento. In preda ai fumi dell’alcol e in un gran grido strozzato di dolore, Alessandro evoca le figure di Adelaide Tommasini, Teresa Carniani Malvezzi e Fanny Targioni Tozzetti. La prima fu l’unica donna a provare qualcosa di più vicino all’amore per Leopardi ma lui non poté sopportarlo; delle altre due si innamorò vanamente e a causa loro soffrì. Alessandro conclude che soltanto l’esperienza della sofferenza che richiama la vera condizione esistenziale dell’uomo può permettere al poeta di cantare l’amore universale. Forse nemmeno tanto inconsciamente, sta urlando alla moglie di farlo soffrire per essergli d’aiuto, stretto nella tenaglia della condizione del genio condannato alla solitudine. Quella a cui assistiamo nel suo straziante grido, infatti, è la completa immedesimazione tra Alessandro e il manichino, entrambi vuoti, entrambi scevri di emozioni ed esperienze concrete, entrambi martiri ed entrambi vittime del proprio stesso genio. Sebbene anche questa volta Irene sembri non riuscire a reagire alla violenza del marito, incidentalmente ritrova delle pagine che danno un’altra visione della personalità di Enrichetta Blondel. Lei fu sì musa silenziosa accanto al Manzoni ma mai passiva, anzi divenne il centro della sua vita. Così Irene per la prima e ultima volta si rivolge ad Alessandro pacatamente ma decisa a contestargli tutte le sue assenze e mancanze d’affetto nella speranza di ricconquistarlo. Ma Alessandro è intontito e ancora una volta incapace di reagire. Ad Irene non resta altro che scegliere la cosa migliore per se stessa in un estremo atto d’amore per Alessandro: abbandona la sua parrucca rossa a va via e questa sua decisione metaforicamente aprirà una finestra, uno scorcio da cui guardare la realtà, nella vita di Alessandro. Tornato nella casa abbandonata, egli scopre questa finestra nella sua libreria vuota e gli orecchini che aveva regalato ad Irene appesi a ricordargliela e si siede accanto al manichino a contemplare la sua nuova situazione: Alessandro di spalle abbraccia il manichino che ha vestito della parrucca di Irene. Non sappiamo se riuscirà finalmente a scrivere; sicuramente ha perso un pezzo di

vita concreta e la possibilità di amare ed essere amato.