SKELETON PARTY - ovvero...dov'è Amleto?

Drammaturgia di Luisa Dell'Acqua

con Daniele Arzuffi, Gianni Coluzzi, Martina Limonta e Sacha Oliviero

Scene e costumi di Dora Palermo

Luci di Emanuele Cavalcanti

Musiche originali Daniele Arzuffi

Regia Sacha Oliviero

Durata 60 minuti

Adatto anche al triennio delle scuole secondarie di secondo grado

ESIGENZE TECNICHE

misure palco min. 6 x 4 (L x P)

traliccio o americane per appendere elementi sospesi

attacco elettrico min 15 KW 380V 32A 

dimmer DMX e consolle min 12 canali

dotazione luci minima 12 PC con bandiere

audio  Mixer + 2 casse amplificate

montaggio 4 h  smontaggio 2 h

INFO

347.12.77.898 - 380.651.98.87

info@birabiro.it

sachaoliviero@birabiro.it


 

LA TRAMA IN SINTESI

 

Dov’è Amleto? È questa la domanda ricorrente che tutti i personaggi della nostra storia pongono all’inizio dello spettacolo. Gertrude, la regina madre, è preoccupata per il figlio. Lo trova “smunto e sciupato”, con la testa tra le nuvole. Non riesce a capire perché Amleto, adolescente ribelle, si è chiuso in se stesso, non festeggia le nuove nozze che lei ha contratto con Claudio, fratello del suo defunto ex marito Amleto padre, e assassino dello stesso.

Anche Claudio si chiede dov’è Amleto; è preoccupato, pensa che il ragazzo stia tramando qualcosa contro di lui. Vorrebbe ritrovarlo e spedirlo lontano, separarlo dalla madre, usando il suo potere regio. Lo spirito di Amleto padre è preoccupato per il figlio di cui non comprende l’irruenza giovanile. Gli suggerisce la vendetta ma teme che la giovane età non gli conferisca il sangue freddo e la razionalità necessaria.

Nessuno vede Amleto, anche se è lì davanti ai loro occhi, impersonato da uno scheletro di fil di ferro. Non lo vedono perché sono adulti concentrati esclusivamente sui propri bisogni e le proprie paure, che non riescono a ristabilire la relazione con un giovane adolescente alla ricerca della propria identità.

Soltanto Yorick, il vecchio giullare di corte, lo vede, lo riconosce, entra in relazione con il giovane Amleto. Yorick è un adulto che senza venir meno al suo ruolo è entrato in contatto con Amleto perché l’ha considerato nella specificità della sua persona. Un educatore insomma, che nella vicenda assume il compito di mettere tutti i protagonisti nelle migliori condizioni per potersi parlare e capirsi: relazionarsi. Yorick nel nostro spettacolo ha una funzione narrativa: introduce al pubblico le vicende del testo di Shakespeare e dà vita al grande gioco di ruolo cui parteciperanno. È a lui a cui la regina dà il compito di organizzare una festa per il giovane Amleto, convinta che possa essere la panacea per i dolori del ragazzo. Ma la regina sembra concentrata esclusivamente sul proprio apparire e in un dialogo – una danza zoppa – con Claudio verbalizza tutte le proprie ansie e paure di essere una madre inadeguata, zoppa perché prova a ricoprire anche il ruolo del padre. Claudio è l’autorità, anch’esso zoppo perché sente la mancanza dell’aspetto della dolcezza. Il primo che riconosce Amleto è suo padre. Yorick comprende che il vecchio Amleto, causa forse la distanza, è già pronto per cominciare a comprendere il figlio e favorire un riavvicinamento con la madre.

La festa sta per giungere… Amleto verrà?

 

NOTE DI DRAMMATURGIA

Liberamente ispirato all’Amleto di Shakespeare, Skeleton Party vuol parlare di futuro, di memoria, di intime conquiste. La storia da cui parte, forse, la conoscete già, ma speriamo di offrirvi una prospettiva poco esplorata.

Che cosa vuole Amleto? Cosa cerca? Cerca attenzione? Riconoscimento? Una spiegazione per il dolore che prova? Ma soprattutto: da dove nascono le domande di Amleto? Questa la nostra interpretazione (sicuramente parziale).

La vicenda di Amleto racconta il peso di un distacco: l'unità familiare che si spezza e diviene separazione: di anime, ma anche di corpi. Una storia pesante, una storia che sembra tutta sbagliata. Però si ride. Si ride perché le storie pesanti non si possono prendere alla leggera, è vero. Ma si possono prendere con leggerezza. In questo, i classici ci sono maestri. Amleto è un susseguirsi di paradossi da commedia pur nella profondità di una tragedia. Essere o non essere? Restare o andare? Allontanarsi o stringersi insieme?…

In scena, ad abitare queste e molte altre domande, troverete Yorick, osservatore partecipe di una partita a scacchi in cui uno dei giovani giocatori non sembra comprendere la logica del gioco. Viene il sospetto che sia stato lasciato troppo presto in balia di una faccenda terribilmente complessa se la si affronta soli. E il corpo del giocatore porta tutti i segni della possibile resa: è uno scheletro inerte, cui il suo mentore cerca di offrire stimoli e spiegazioni. E intanto approfitta per raccontare come sono andate le cose nel  regno di Danimarca, ai tempi del “vero” Amleto.

C’è poi Gertrude, in pena per il giovane Amleto; e c’è il nuovo re, Claudio, autorità zoppa e spesso inopportuna. E – come in ogni Amleto che si rispetti – c’è uno spettro. O forse ce n’è più d’uno? O – ancora – siamo dentro a una danza di spettri in cui l’unica concretezza è portata da chi secondo copione dovrebbe solamente turbare il sonno altrui? Nostro auspicio è divertire, fare un po' pensare, ma soprattutto aver aperto una piccola possibilità al nostro Amleto immaginato. La sua vita, la sua solitudine, iperbole di solitudini e confronto coi fantasmi che un giorno o l’altro tutti noi, camminando sulle mura dei nostri castelli, incontriamo, ci dicono qualcosa sulla vita che – in ogni modo – si compie, tra relazioni, tempeste, feste, piccoli miracoli.

Il futuro è di Amleto, così come nostro,  ma è necessario saperlo vedere.

 

 

 

LA MESSINSCENA

Innanzitutto la scelta di giocare la scena con molti elementi “rarefatti”, “scheletrici”. Se Amleto non è visto, non è riconosciuto dagli adulti, allora tutto ciò che appare in scena è essenziale, è un’idea di quello che dovrebbe essere. Frammenti di oggetti ma essenziali, anche a testimoniare il passato che fu piuttosto che il tempo che scorre e che permette di ricucire i rapporti, recuperare le relazioni. Così in scena appaiono tre archi di pietra sospesi a mezz’aria e da cui pendono gli stendardi simbolo della famiglia reale: delle grandi scacchiere, perché gli scacchi sono il gioco in cui le relazioni sono più rigide. Il gioco in cui puoi muoverti secondo lo status sociale che ricopri. Il gioco che richiede tempo, tattica e astuzia per districarle la partita. “Il gioco”… perché è un gioco di ruolo quello che il giullare, che gioca la funzione educativa, appronta con i protagonisti per farli riflettere sulle proprie mancanze.

L’altro significativo elemento di rappresentazione è quello di affidare allo stesso attore il ruolo di padre e di madre, l’autorità e l’accoglienza. E nella scena centrale in cui si dipanano le debolezze e le linee di tensione di entrambi i personaggi l’attore appare smezzato, padre e madre nello stesso tempo, a simboleggiare il tentativo della madre di ricoprire anche il ruolo paterno, per un padre che manca ad Amleto e per il padre acquisito l’incapacità a giocare fino in fondo il nuovo ruolo che la situazione richiede.

È chiaro che tra le pieghe della vicenda di Amleto su cui ci siamo maggiormente soffermati vibrano molti echi di situazioni familiari in cui l’adolescente è l’anello debole, che oscilla tra la ricerca di un’identità che tarda a venire e il bisogno di una sicurezza nei legami familiari che invece vacilla.

Un testo, ahimé, molto attuale e che può essere il punto di partenza per una riflessione molto più ampia per capire e sostenere meglio i nostri adolescenti di oggi